di F. S.
Per approfondire questo argomento che coinvolge dalle più piccole alle più grandi aziende, abbiamo incontrato Giancarlo Scaturchio, Customer Sustainability Global Partnership Lead Rockwell Automation. In questo scenario, una compagnia come Rockwell Automation può affiancare l’azienda nel percorso verso il miglioramento della sostenibilità aziendale. Nel suo racconto emerge un approccio passo dopo passo: si parte dalla misurazione, si struttura la rendicontazione e si accompagna l’azienda lungo la strada del miglioramento.
Nelle realtà più grandi, la spinta arriva dalla conformità normativa, dall’attenzione del Consiglio di Amministrazione (CdA) e degli investitori. La sostenibilità è anche un indicatore di solidità finanziaria, infatti obiettivi economici ed etici si tengono per mano. L’efficientamento energetico e quello produttivo migliorano i conti e riducono l’impatto sul pianeta. Le grandi imprese fanno scuola e generano un effetto valanga che coinvolge fornitori, clienti e l’intera catena del valore.
Verso la sostenibilità con una guida esperta che conosce la strada

Le grandi aziende stanno generando un “effetto ecosistema” che coinvolge l’intera filiera. Se prima la conformità europea riguardava soprattutto grandi imprese e quotate, oggi anche realtà più piccole, spinte da clienti e fornitori, stanno avviando i primi passi. Non serve avere subito un bilancio completo: è decisiva una disclosure, cioè la rendicontazione strutturata e verificabile delle informazioni ambientali, sociali e di governance ESG (Environmental, Social, Governance).
Mentre la compliance è l’insieme di regole, processi e controlli che assicurano il rispetto degli obblighi e impegni volontari verso la sostenibilità ambientale. La prima comunica in modo chiaro. La seconda garantisce che ciò che si comunica sia conforme e tracciabile.
“Rockwell affianca le imprese come un “compagno di strada” sin dalla fotografia iniziale che misura il punto di partenza con dati di qualità, tracciabili e verificabili, ci spiega Giancarlo Scaturchio. “Questa prima verifica risponde a due domande chiave: quanto siamo sostenibili oggi? Quali azioni servono per migliorare la posizione e rafforzare la nostra credibilità sul mercato?”
La roadmap parte dai dati e coinvolge la filiera
“Si parte dai dati con un assessment iniziale, cioè una fotografia della situazione. Da questa base siamo in grado di valutare e prefissare gli obiettivi individuando i progetti prioritari per raggiungere il target richiesto. Non sempre ha senso puntare subito al bilancio di sostenibilità: spesso è più efficace procedere per tappe intermedie su efficienza, qualità e tracciabilità. Il metodo è stabile: assessment, analisi dei gap, selezione dei progetti in base a impatto e costi. Poi si procede per fasi. La sostenibilità è una direzione strategica, non un traguardo amministrativo. Essere sostenibili non significa spuntare una casella, ma intraprendere un percorso consapevole e trasformativo.” sottolinea Scaturchio.
Quali attività sono previste nella fase iniziale?
Si costruisce la base dei dati, si verifica la qualità informativa e si imposta il modello di rendicontazione. Si esegue la gap analysis rispetto all’obiettivo in esame, sia esso un KPI o una normativa, per esempio la Global Reporting Initiative (GRI) e gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), oltre che rispetto alle attese di investitori e clienti sui fattori Ambientali, Sociali e di Governo d’impresa (Environmental, Social, Governance, ESG).
Come si gestiscono le emissioni e gli indicatori?
Per l’analisi delle emissioni Scope 1,2e 3, il GHG Protocol è lo standard più usato a livello globale, ma esistono anche approcci alternativi e \ o complementari come ISO 14064, SBTi e CDP, utili per obiettivi di riduzione, certificazioni o reporting avanzato. Si definisce una serie di indicatori chiave di prestazione (Key Performance Indicators, KPI) allineati a GRI ed ESRS.
L’importanza della filiera, i Sustainability Supplier Day
“La sostenibilità non riguarda solo l’azienda capofila: entrano in gioco anche fornitori e partner. Per la catena di fornitura, le grandi imprese organizzano i cosiddetti Sustainability Supplier Day (giornate dedicate ai fornitori sulla sostenibilità) per condividere la propria roadmap e allineare aspettative e obiettivi” continua Giancarlo Scaturchio. “La sostenibilità della capofila non regge se i fornitori restano indietro: è necessario verificare la fattibilità della roadmap, realizzabile solo se costruita su un percorso condiviso, sostenuto da competenze tecniche e risorse accessibili lungo tutta la filiera”.
Gli strumenti Rockwell per raggiungere risultati misurabili di sostenibilità
“Tutte le nostre tecnologie concorrono all’obiettivo: misurazione dei consumi, automazione dei processi, efficientamento operativo e uso dei dati per ridurre sprechi e aumentare la produttività. Questo è il DNA di Rockwell, dal controllo avanzato di processo e dall’ottimizzazione delle linee industriali. Accanto al portafoglio completo, abbiamo soluzioni specifiche dedicate all’efficientamento energetico “pronte all’uso”. Un caso tipico: sostituire il funzionamento dei motori a velocità fissa con azionamenti a velocità variabile, regolando i giri del motore in base alle reali necessità del processo. Oggi integriamo queste competenze in pacchetti di sostenibilità: si parte dalla misura, si interviene sull’hardware e si completa con il digitale. In questo modo si ottengono risultati rapidi, misurabili e facilmente scalabili lungo l’intera produzione”.
Cambia il paradigma, l’innovazione non è soltanto tecnologia
La sostenibilità si costruisce sui dettagli. L’innovazione accelera il cammino lungo questo percorso ma spesso il primo passo è eliminare sprechi evidenti di energia e acqua con azioni semplici. “Si parte dai dati per individuare gli scostamenti. Si interviene dove l’impatto è maggiore. Taratura dei cicli e standardizzazione delle prassi migliorano subito stabilità e consumi. L’innovazione è un cambio di paradigma”, ci spiega Scaturchio, “non sono soltanto in gioco le nuove tecnologie. La tecnologia giusta è quella che rende i risultati misurabili nel tempo. Per questo si definiscono gli indicatori (KPI), gli obiettivi e le verifiche periodiche. La sostenibilità è una trasformazione del modo di fare impresa, che necessariamente mette in discussione lo status quo al fine di ottimizzare l’uso della materie prime vergini, minimizzare i consumi di acqua e energia e ridurre le emissioni, gli sprechi e i rifiuti in genere”.
L’abbattimento delle emissioni: le categorie dei gas a effetto serra

Nell’analisi delle emissioni si procede per gradi, espandendo via via lo scopo da emissioni dirette a indirette. Le emissioni climalteranti che riguardano i gas a effetto serra per imprese e organizzazioni (GHG, Greenhouse Gas Protocol) si dividono nelle categorie:
- Scope 1 (emissioni dirette): sono le emissioni generate direttamente dall’azienda per effetto di attività e asset di cui ha la proprietà o il controllo: macchinari, veicoli aziendali, riscaldamento, apparecchiature.
- Scope 2 (emissioni indirette da energia acquistata): sono le emissioni causate dalla produzione dell’energia che l’organizzazione acquista e consuma. Ad esempio, approvvigionarsi da fonti rinnovabili o installare impianti fotovoltaici riduce lo Scope 2.
- Scope 3 (altre emissioni indirette lungo la filiera): sono emissioni non prodotte direttamente dall’azienda ma connesse alla catena del valore: a monte (fornitori che realizzano beni/servizi usati dall’azienda) e a valle (clienti che utilizzano i prodotti dell’azienda). Si differenziano dallo Scope 2 perché includono l’intero “a monte/a valle” oltre all’energia acquistata.
- Scope 4 emissions, spesso chiamate “emissioni evitate”, rappresentano una categoria volontaria e ancora non standardizzata nel carbon accounting. A differenza degli Scope 1, 2 e 3 (che misurano le emissioni dirette e indirette generate da un’organizzazione), lo Scope 4 si riferisce alle emissioni che vengono evitate grazie all’uso di prodotti o servizi più sostenibili rispetto alle alternative convenzionali. i sistemi aziendali che aggregano più siti e supportano la sustainability disclosure (informativa di sostenibilità).
La disclosure ESG per misurare la sostenibilità
Quando parliamo di sostenibilità la disclosure indica l’insieme strutturato e pubblico di informazioni, qualitative e quantitative, con cui un’impresa rende trasparenti a mercato e stakeholder i propri impatti, rischi, obiettivi e risultati ambientali, sociali e di governance, indicato con non financial disclosure che riguarda Environmental, Social and Governance. Questo vale per i temi ambientali e per i profili sociali, come anche la prevenzione del lavoro forzato (“modern slavery”) e il controllo su sostanze nocive o vietate nei diversi mercati. Ogni azienda è diversa: la sostenibilità richiede un approccio consulenziale, non un modello unico.
Ecoprogettazione dei prodotti, arriva l’ESPR
Con la sigla ESPR si indica l’Ecodesign for Sustainable Products Regulation. Stiamo parlando del Regolamento dell’Unione Europea (2024/1781) di legislazione primaria che fissa i requisiti di ecoprogettazione per avere prodotti più sostenibili. In attesa di ricevere i delegated acts di legislazione secondaria per le singole categorie, indirizza la sostenibilità dei prodotti su tre fronti:
- Progettazione sostenibile (eco-design)- Requisiti di conformità.
- Durabilità e affidabilità.
- Riparabilità, manutenzione facilitata e riutilizzabilità.
- Efficienza migliorata.
 
- Circolarità dei processi- Meno energia e risorse.
- Meno scarti di materiale.
- Minore impatto ambientale.
- Minore impronta di carbonio del prodotto.
- Meno sostanze pericolose.
 
- Trasparenza per il mercato- Passaporto Digitale del Prodotto (Digital Product Passport, DPP).
- Informazioni disponibili e trasparenti per decisioni d’acquisto consapevoli.
 
Effetti positivi per la sostenibilità con la convergenza dei mercati

Nei mercati internazionali il denominatore comune è la crescente importanza del dato. Il nodo critico resta la scarsa standardizzazione del calcolo delle emissioni nell’intero ciclo di vita – approccio standardizzato al lifecycle assessment, necessario alla comparazione delle emissioni di scopo tre (Products Carbon Footprint). Tuttavia, per multinazionali e filiere interconnesse la convergenza è quasi obbligata.
“Oggi il quadro globale è disomogeneo: norme, incentivi, priorità politiche e capitali cambiano da area a area. Le imprese che operano su più continenti devono leggere il contesto, adeguare processi e reportistica e, quando possibile, anticipare gli standard che si prevede tenderanno a convergere nel lungo periodo” spiega Giancarlo Scaturchio.
“Negli Stati Uniti lo scenario è fluido. Recentemente si è visto un cambio di paradigma ma non si esclude che possa cambiare ancora. Non c’è stato un crollo della domanda di soluzioni per la sostenibilità ma si nota maggiore prudenza negli investimenti e una forte polarizzazione tra Stati. In un orizzonte temporale più esteso si può immaginare che emergeranno direzioni più stabili, spinte dall’integrazione nelle catene globali.
Nell’Unione Europea la regolamentazione è forte, stringente e dettagliata. Direttive e regolamenti: dalla rendicontazione di sostenibilità (CSRD/ESRS) all’ecodesign (ESPR), rendono la conformità un requisito d’accesso al mercato. “Tutto questo ha un effetto di trascinamento globale: chi vuole vendere nell’UE adegua prodotti, processi, dati e governance. L’UE fa scuola non solo per la severità delle regole, ma anche perché offre un linguaggio comune per misurare e confrontare le performance. L’effetto è duplice: più sforzi e complessità all’inizio, maggiore chiarezza e credibilità nel medio periodo” prosegue Scaturchio.
“In Asia-Pacifico si vedono incentivi e politiche che attivano circoli virtuosi locali. La domanda interna guarda ai riferimenti globali e ai mercati regolati. Da una parte la Cina ha dato segnali positivi di attenzione; in India il problema della sostenibilità è evidente anche nella vita civile (aria, acqua, infrastrutture), ma cresce l’interesse per soluzioni concrete e piani attuabili. Gli investimenti esteri e le catene del valore internazionali favoriscono l’allineamento progressivo verso standard più rigorosi”.
“Guardando avanti, le differenze tra le diverse aree geografiche tenderanno a ridursi per necessità economica e industriale. La globalizzazione può produrre effetti positivi portando a un livello più alto le condizioni di vita, grazie a standard chiari, tecnologie accessibili e pratiche d’impresa che uniscono competitività e tutela ambientale e sociale” conclude Giancarlo Scaturchio. “Questo è il vero cambio di paradigma culturale che dall’industria coinvolge le persone, la loro salute e l’ambiente in cui vivono”.

 
  
  